Alle sorgenti della Musica per non addetti ai lavori.
Sollecitato dalle numerose proposte di Luca Dragani mi sono deciso ad affrontare un argomento sul quale sono inciampato più volte come, ad esempio, sul Cappellone degli Spagnoli a Firenze.
Sette sono le Arti Liberali così suddivise:
Arti del Trivio(artes sermocinales):
Arti del Quadrivio (artes reales):
Nel Portico della Gloria della Cattedrale di Santiago di Compostela ricordo che due vegliardi dell'Apocalisse vengono colti nell'atto di suonare l'organistrum, l'antenato della symphonia e della ghironda, la più antica raffigurazione della cosiddetta viella a ruota.
Boezio ( 476- 525 d.C.) divide la musica in mundana,humana,constituta instrumentalis.
Boezio non era interessato alla pratica strumentale così come la intendiamo noi oggi ; voleva invece riproporre, in particolar modo, attraverso la musica mundana la dottrina pitagorica, di cui al Timeo di Platone.
" La speculazione teoretica sulla musica occupò un posto di grande rilievo nel panorama delle discipline filosofiche e scientifiche medievali. L’insegnamento stesso dell’ars musica si proponeva ben altri scopi che quello di essere una mera propedeutica all’attività pratica del canto, e introduceva piuttosto ad una dimensione problematica volta in tutti i sensi ai fini della conoscenza: conoscenza metafisica, teologica, cosmologica e fisica. La musica, insieme ad aritmetica, geometria e astronomia, rientrava infatti nel quadrivium, cioè il corso di studi in cui era posta la base della conoscenza scientifica e filosofica. Tale conoscenza, completata dalle scienze della parola, cioè dal trivium (grammatica, retorica e logica), costituiva il ciclo delle sette "arti liberali" (ricordiamo che nel Medioevo ars e scientia sono di fatto sinonimi). Nell'ambito del quadrivium, poi, l’aritmetica costituiva il fondamento della conoscenza scientifica, ma la musica ne era considerato il compimento, perché comprendeva nei suoi ambiti problematici tanto la scienza dei numeri, quanto la scienza del moto degli astri, quanto le regole dei metri verbali desunti dalla retorica. Oltre a essere una conoscenza finalizzata alla comprensione della realtà, era inoltre considerata come una scienza applicata, mediante la quale l’ordine insito nelle relazioni tra i numeri poteva essere reso manifesto e dunque trasmesso all’anima - aspetto questo che viene sottolineato da tutti i teorici medievali a partire da Boezio e dal suo De institutione musica (scritto intorno al 500 d.C.) che fu il trattato di riferimento per lo studio dell’ars musica durante gli otto secoli successivi.
La conoscenza musicale medievale, al pari delle altre arti liberali, si innestò nella tradizione filosofica e scientifica pitagorico-platonica, e ne corroborò il punto di vista metafisico e i fini di perfezionamento morale e spirituale sia attraverso i ritmi e le melodie della musica practica, sia attraverso i riferimenti allegorici e mistici alle Sacre scritture e alle dottrine dei Padri della Chiesa. Non bisogna d'altra parte dimenticare che la teoria e la filosofia della musica furono fino al XIII secolo oggetto di studio esclusivamente da parte di monaci ed ecclesiastici.
Agli occhi del dotto medievale la musica rappresentava un incontro tra filosofia, teologia e pratica liturgica, l’una riflesso dell’altra su piani differenti. Seguendo la lezione del Timeo platonico, la teoria musicale veniva vista come applicazione dell’ordine numerico su cui l’intero cosmo era fondato. Il canto era invece eco dei cori angelici in sempiterna lode del Creatore. In questa prospettiva, il concetto di harmonia veniva letto in chiave esemplaristica, ossia come processo di manifestazione dell’ordine archetipico nella gerarchia dell’Essere universale. La musica strumentale era qui imitazione della musica vocale. Questa era a sua volta l’immagine nel tempo e nello spazio del canto angelico, superiore alla dimensione temporale e udibile solo attraverso l’"orecchio del cuore" (simbolicamente, la conoscenza interioritatis hominis). I cori angelici ("Trisagio", "Alleluia") costituivano infine lode e manifestazione nel suono metafisico della Perfezione divina, assimilata apofaticamente al silenzio.
La teoria aritmetica delle proporzioni numeriche, in cui si descrivono vuoi le relazioni tra note musicali vuoi i ritmi, era a sua volta concepita esemplaristicamente come copia dell’ordine noumenico insito nella "mente di Dio".
Si comprenderà di conseguenza come i giudizi dei teorici medievali sull’importanza della musica non fossero improntati da mera retorica, bensì determinati da precise ragioni. Ad esempio Isidoro di Siviglia dice: "Senza la musica nessuna disciplina può considerarsi perfetta, non vi è infatti nulla che sia senza di essa" (Etymologiae III, 16).
Nella sua connessione con la teologia e l’angelologia la disciplina musicale era detta musica divina. Nel suo rapporto con l’armonia del macrocosmo (moto degli astri, unione degli elementi fisici, successione delle stagioni ecc.) era detta musica mundana. Nel suo riflettersi nell’armonia microcosmica (ossia nella compagine psicofisica umana) musica humana. E infine, manifestandosi nell’arte dei suoni, era detta musica instrumentalis o, in riferimento ai suoni prodotti dalla natura, musica naturalis.
La speculazione filosofica sulla musica, muovendo da questi presupposti metafisici e simbolici, influì di conseguenza tanto sulla teoria musicale, quanto sulla pratica del canto sacro e della musica profana, mantenendo tuttavia una netta separazione tra gli ambiti della practica e della theoria, in quanto distinti - ma non separati - piani di manifestazione della harmonia archetipica. A ragion veduta si dirà che il principale fine della filosofia della musica nel Medioevo fu da una parte quello di elevare la mente alla contemplazione degli archetipi manifesti nell’armonia sonora, e dall’altra quello di assicurare che la practica fosse sempre ispirata da un ethos (ossia da un "carattere") consono alla sobrietà intellettuale e all’acquietamento delle passioni dell’anima piuttosto che ad agire sulla sfera dei sentimenti.
Contrariamente a quanto avvenne in Occidente dal Rinascimento in poi, fino al Trecento colui che conosceva la musica nei suoi principi filosofici e teorici era considerato del tutto superiore all’artista: il musicus era infatti il filosofo e non il compositore né tanto meno l’esecutore " La filosofia della musica nel Medioevo , Ernesto Mainoldi
Questo bell'articolo di Mainoldi consente a noi profani di muovere un passo in direzione della sublime arte della musica.L'ultima delle tre immagini che seguono rappresenta Boezio in compagnia di Simmaco. L'immagine incuriosisce per i copricapi frigi indossati dai due filosofi.
gdg
Sette sono le Arti Liberali così suddivise:
Arti del Trivio(artes sermocinales):
Arti del Quadrivio (artes reales):
Nel Portico della Gloria della Cattedrale di Santiago di Compostela ricordo che due vegliardi dell'Apocalisse vengono colti nell'atto di suonare l'organistrum, l'antenato della symphonia e della ghironda, la più antica raffigurazione della cosiddetta viella a ruota.
Boezio ( 476- 525 d.C.) divide la musica in mundana,humana,constituta instrumentalis.
Boezio non era interessato alla pratica strumentale così come la intendiamo noi oggi ; voleva invece riproporre, in particolar modo, attraverso la musica mundana la dottrina pitagorica, di cui al Timeo di Platone.
" La speculazione teoretica sulla musica occupò un posto di grande rilievo nel panorama delle discipline filosofiche e scientifiche medievali. L’insegnamento stesso dell’ars musica si proponeva ben altri scopi che quello di essere una mera propedeutica all’attività pratica del canto, e introduceva piuttosto ad una dimensione problematica volta in tutti i sensi ai fini della conoscenza: conoscenza metafisica, teologica, cosmologica e fisica. La musica, insieme ad aritmetica, geometria e astronomia, rientrava infatti nel quadrivium, cioè il corso di studi in cui era posta la base della conoscenza scientifica e filosofica. Tale conoscenza, completata dalle scienze della parola, cioè dal trivium (grammatica, retorica e logica), costituiva il ciclo delle sette "arti liberali" (ricordiamo che nel Medioevo ars e scientia sono di fatto sinonimi). Nell'ambito del quadrivium, poi, l’aritmetica costituiva il fondamento della conoscenza scientifica, ma la musica ne era considerato il compimento, perché comprendeva nei suoi ambiti problematici tanto la scienza dei numeri, quanto la scienza del moto degli astri, quanto le regole dei metri verbali desunti dalla retorica. Oltre a essere una conoscenza finalizzata alla comprensione della realtà, era inoltre considerata come una scienza applicata, mediante la quale l’ordine insito nelle relazioni tra i numeri poteva essere reso manifesto e dunque trasmesso all’anima - aspetto questo che viene sottolineato da tutti i teorici medievali a partire da Boezio e dal suo De institutione musica (scritto intorno al 500 d.C.) che fu il trattato di riferimento per lo studio dell’ars musica durante gli otto secoli successivi.
La conoscenza musicale medievale, al pari delle altre arti liberali, si innestò nella tradizione filosofica e scientifica pitagorico-platonica, e ne corroborò il punto di vista metafisico e i fini di perfezionamento morale e spirituale sia attraverso i ritmi e le melodie della musica practica, sia attraverso i riferimenti allegorici e mistici alle Sacre scritture e alle dottrine dei Padri della Chiesa. Non bisogna d'altra parte dimenticare che la teoria e la filosofia della musica furono fino al XIII secolo oggetto di studio esclusivamente da parte di monaci ed ecclesiastici.
Agli occhi del dotto medievale la musica rappresentava un incontro tra filosofia, teologia e pratica liturgica, l’una riflesso dell’altra su piani differenti. Seguendo la lezione del Timeo platonico, la teoria musicale veniva vista come applicazione dell’ordine numerico su cui l’intero cosmo era fondato. Il canto era invece eco dei cori angelici in sempiterna lode del Creatore. In questa prospettiva, il concetto di harmonia veniva letto in chiave esemplaristica, ossia come processo di manifestazione dell’ordine archetipico nella gerarchia dell’Essere universale. La musica strumentale era qui imitazione della musica vocale. Questa era a sua volta l’immagine nel tempo e nello spazio del canto angelico, superiore alla dimensione temporale e udibile solo attraverso l’"orecchio del cuore" (simbolicamente, la conoscenza interioritatis hominis). I cori angelici ("Trisagio", "Alleluia") costituivano infine lode e manifestazione nel suono metafisico della Perfezione divina, assimilata apofaticamente al silenzio.
La teoria aritmetica delle proporzioni numeriche, in cui si descrivono vuoi le relazioni tra note musicali vuoi i ritmi, era a sua volta concepita esemplaristicamente come copia dell’ordine noumenico insito nella "mente di Dio".
Si comprenderà di conseguenza come i giudizi dei teorici medievali sull’importanza della musica non fossero improntati da mera retorica, bensì determinati da precise ragioni. Ad esempio Isidoro di Siviglia dice: "Senza la musica nessuna disciplina può considerarsi perfetta, non vi è infatti nulla che sia senza di essa" (Etymologiae III, 16).
Nella sua connessione con la teologia e l’angelologia la disciplina musicale era detta musica divina. Nel suo rapporto con l’armonia del macrocosmo (moto degli astri, unione degli elementi fisici, successione delle stagioni ecc.) era detta musica mundana. Nel suo riflettersi nell’armonia microcosmica (ossia nella compagine psicofisica umana) musica humana. E infine, manifestandosi nell’arte dei suoni, era detta musica instrumentalis o, in riferimento ai suoni prodotti dalla natura, musica naturalis.
La speculazione filosofica sulla musica, muovendo da questi presupposti metafisici e simbolici, influì di conseguenza tanto sulla teoria musicale, quanto sulla pratica del canto sacro e della musica profana, mantenendo tuttavia una netta separazione tra gli ambiti della practica e della theoria, in quanto distinti - ma non separati - piani di manifestazione della harmonia archetipica. A ragion veduta si dirà che il principale fine della filosofia della musica nel Medioevo fu da una parte quello di elevare la mente alla contemplazione degli archetipi manifesti nell’armonia sonora, e dall’altra quello di assicurare che la practica fosse sempre ispirata da un ethos (ossia da un "carattere") consono alla sobrietà intellettuale e all’acquietamento delle passioni dell’anima piuttosto che ad agire sulla sfera dei sentimenti.
Contrariamente a quanto avvenne in Occidente dal Rinascimento in poi, fino al Trecento colui che conosceva la musica nei suoi principi filosofici e teorici era considerato del tutto superiore all’artista: il musicus era infatti il filosofo e non il compositore né tanto meno l’esecutore " La filosofia della musica nel Medioevo , Ernesto Mainoldi
Questo bell'articolo di Mainoldi consente a noi profani di muovere un passo in direzione della sublime arte della musica.L'ultima delle tre immagini che seguono rappresenta Boezio in compagnia di Simmaco. L'immagine incuriosisce per i copricapi frigi indossati dai due filosofi.
gdg