Il Maestro Eugène Canseliet.
" Tutti coloro che , per ragioni diverse, si sono interessati all'Alchimia sono, che lo vogliano o no, debitori nei confronti di Eugène Canseliet che per più di quarant'anni ha tenuto alto , da solo, lo stendardo rosso della Scienza ermetica. In tal modo questa Scienza non è scomparsa dalla memoria fallace degli uomini ." Guy Beatrice
Che se ne facciano una ragione i vari depositari di cose che non appartengono loro quali camerlenghi del banco dei pegni . Paolo Lucarelli può aver dato delle chiavi, come spesso ripeteva, ma non ha indicato le porte per entrare nel Tempio a nessuno perchè in Alchimia si è vocati, chiamati, predestinati. Le radici di un alchimista affondano nel Tempo e la sua storia è già scritta, segnata dalla mano dell'Onnipotente.
Così si esprimeva Séverin Batfroi nei confronti di Canseliet :" [...] Canseliet ha dato a ciascuno basi solide per una ricerca personale e , si può dire ai nostri giorni, che i materiali della Grande Opera non offrono più alcun mistero per i suoi generosi consigli . Tuttavia ,rispettoso della ortodossia tradizionale che poneva al di sopra di ogni cosa, egli lasciò nell'ombra le fasi propriamente filosofiche dell'Opera [..] "
Queste parole valgono anche per Paolo Lucarelli e l'articolo che segue in questa stessa pagina è di grande utilità perché fa ben comprendere quale può essere stato l'insegnamento , se così lo vogliamo definire, che egli ha ricevuto da Eugène Canseliet .
A ben guardare fra le righe di questo articolo , si potranno intravedere i due capisaldi dell'apprendimento della Scienza sacra : " Ora, Lege, Lege, Lege, Relege, Labora et Invenies " e , come ricordò lo stesso Paolo nella conferenza tenutasi a Parigi nel dicembre 1999 :
" [... ] la pazienza è la scala dei Filosofi e l'umiltà la porta del loro giardino, perché a chi persevererà senza invidia e senza orgoglio Dio farà misericordia "
Non esistono scorciatoie nel bosco irto di rovi, ricette per cuocere i ceci , dritte più o meno fraterne, ammiccamenti più o meno benevoli, complicità più o meno smaccate .
Vanitas vanitatum et omnia vanitas
gdg
( Segue in questa stessa pagina un articolo di Paolo Lucarelli )
"Penso di poter affermare, senza tema di smentita, che l'incontro con un Maestro è cosa rarissima oggigiorno (come sempre è stato d'altra parte). Ciò non di meno, se consideriamo attentamente la nostra epoca, sembra che non vi sia stato altro periodo nella storia, in cui gli uomini ne siano sembrati tanto bisognosi. Nelle vetrine delle librerie, nelle sale delle conferenze, nei clubs, persino nel piccolo schermo della televisione, maestri - la "m" minuscola senza dubbio- si offrono di rivelarci la vita per la "realizzazione dell'uomo". Chi, come me, ha potuto ricevere quel beneficio, che è già un Dono di Dio, dell'insegnamento di un Maestro, non può che rattristarsi per l'errore di coloro che continuano a scambiare l'ottone per l'oro.
Aimè, i nostri contemporanei hanno delle idee preconcette sulla figura del maestro. Questi ha da essere bello, altero, imponente, dai cupi occhi azzurri, la chioma fluente, l'aria magnetica, la voce imperiosa. Deve venire da lontano: meglio se da una contrada ricca di misteri, anche se, in fin dei conti, il Tibet può essere più che sufficiente. Per concludere il ritratto, non dimentichiamo che deve fare dei miracoli. O, per meglio dire, si deve raccontare che sia giunta voce cha faccia dei miracoli, meglio non esagerare con queste cose. Per esempio, è sufficiente che ogni tanto prenda a brillare, o che da lui si espandano effluvi profumati, anche se la levitazione sarebbe per certo nota di merito e ha ferventi partigiani. Mi hanno chiesto: parlaci del tuo Maestro.
A essere sincero incontrai solo due volte Eugene Canseliet. Nelle due occasioni ho conosciuto una cosa ignorata dalla gran parte degli uomini: la pace. La prima fu quando nel 1968 acquistai a rate "Le Dimore Filosofali". La seconda nel 1975, in un paesino di campagna, d'aprile, i dintorni erano da poco in fiore, in una regione tranquilla dove le colline sono disseminate di querce su cui nidificano i corvi. Un piccolo crocevia protetto da una croce. Una casa antica. Un uomo anziano, dagli occhi gioiosi di ragazzo che sorridevano dolcemente al pellegrino che bussava alla sua porta per apprendere il Gaio Sapere. Vedo dunque che vi state inquietando, il Maestro non sta levitando! Non è luminoso! Non è apparso avvolto in una lunga tunica arringando la folla dei discepoli con voce tonante! No signori, lo ammetto. Ma mi ero scordato di farvi partecipi di alcuni particolari: tutto era in pace in quella casa, dalle pietre del giardino alle tegole sul tetto. Lì il mondo aveva arrestato i suoi cammini vorticosi, le cose si erano cristallizzate, i contorni addolciti…Se dovessi descrivere in poche parole il Maestro, cosa che sarebbe comunque impossibile da farsi, direi: era un uomo pacificato.
Mi hanno chiesto: che cosa devi al tuo Maestro? Probabilmente si attendevano che rispondessi: l’iniziazione ai misteri. Ecco ancora un vocabolo che ci suggerisce immagini per certo fallaci: che ci porta erroneamente agli occhi la vista di caverne tenebrose dove qualche ierofante d’una setta segreta ci conduce di fronte a un altare per un rito complesso, alla fine del quale sussurrerà all’orecchio “la parola”. In verità è molto più semplice e allo stesso tempo molto più difficile. Si potrebbe passare vicinissimi al santuario e non vederlo affatto. Si potrebbe incontrare il Maestro e non riconoscerlo nemmeno. Avete mai goduto di questo privilegio, ché un bambino vi renda partecipi dei suoi tesori? Con gli occhi sorridenti, pur tuttavia con grande serietà, vi mostrerà una spirale di ferro, oppure una biglia di vetro colorato, e starà a voi capire allora che non sono lì i tesori, ma che queste piccole cose sono le chiavi per penetrare nel mondo delle fate, dove tutto è meraviglioso, dove non esiste l’impossibile. Sono solo piccole cose, ovunque le si può trovare: per conoscerle però è necessario che solo un bimbo ve ne sveli i segreti, e ciò capita assai di rado! Il Maestro ha aperto la porta del santuario, semplicemente. Come un bambino che svelasse i suoi tesori.
La mia iniziazione, per la quale posso ben dirgli come Pirofilo: “Io vi sono debitore di tutto quello che so e di tutto quello che spero ancora di scoprire nei misteri filosofici .…Non mi resta che rendervi molto umilmente grazie che voi mi abbiate voluto trattarmi da Figlio della Scienza, parlandomi sinceramente, e istruendomi in sì grandi misteri, così chiaramente e in modo così intelligibile quanto è permesso fare e quanto mi sarei potuto augurare. Vi dichiaro fermamente che la mia riconoscenza durerà per tutto il resto della mia vita”.
Paolo Lucarelli
Aimè, i nostri contemporanei hanno delle idee preconcette sulla figura del maestro. Questi ha da essere bello, altero, imponente, dai cupi occhi azzurri, la chioma fluente, l'aria magnetica, la voce imperiosa. Deve venire da lontano: meglio se da una contrada ricca di misteri, anche se, in fin dei conti, il Tibet può essere più che sufficiente. Per concludere il ritratto, non dimentichiamo che deve fare dei miracoli. O, per meglio dire, si deve raccontare che sia giunta voce cha faccia dei miracoli, meglio non esagerare con queste cose. Per esempio, è sufficiente che ogni tanto prenda a brillare, o che da lui si espandano effluvi profumati, anche se la levitazione sarebbe per certo nota di merito e ha ferventi partigiani. Mi hanno chiesto: parlaci del tuo Maestro.
A essere sincero incontrai solo due volte Eugene Canseliet. Nelle due occasioni ho conosciuto una cosa ignorata dalla gran parte degli uomini: la pace. La prima fu quando nel 1968 acquistai a rate "Le Dimore Filosofali". La seconda nel 1975, in un paesino di campagna, d'aprile, i dintorni erano da poco in fiore, in una regione tranquilla dove le colline sono disseminate di querce su cui nidificano i corvi. Un piccolo crocevia protetto da una croce. Una casa antica. Un uomo anziano, dagli occhi gioiosi di ragazzo che sorridevano dolcemente al pellegrino che bussava alla sua porta per apprendere il Gaio Sapere. Vedo dunque che vi state inquietando, il Maestro non sta levitando! Non è luminoso! Non è apparso avvolto in una lunga tunica arringando la folla dei discepoli con voce tonante! No signori, lo ammetto. Ma mi ero scordato di farvi partecipi di alcuni particolari: tutto era in pace in quella casa, dalle pietre del giardino alle tegole sul tetto. Lì il mondo aveva arrestato i suoi cammini vorticosi, le cose si erano cristallizzate, i contorni addolciti…Se dovessi descrivere in poche parole il Maestro, cosa che sarebbe comunque impossibile da farsi, direi: era un uomo pacificato.
Mi hanno chiesto: che cosa devi al tuo Maestro? Probabilmente si attendevano che rispondessi: l’iniziazione ai misteri. Ecco ancora un vocabolo che ci suggerisce immagini per certo fallaci: che ci porta erroneamente agli occhi la vista di caverne tenebrose dove qualche ierofante d’una setta segreta ci conduce di fronte a un altare per un rito complesso, alla fine del quale sussurrerà all’orecchio “la parola”. In verità è molto più semplice e allo stesso tempo molto più difficile. Si potrebbe passare vicinissimi al santuario e non vederlo affatto. Si potrebbe incontrare il Maestro e non riconoscerlo nemmeno. Avete mai goduto di questo privilegio, ché un bambino vi renda partecipi dei suoi tesori? Con gli occhi sorridenti, pur tuttavia con grande serietà, vi mostrerà una spirale di ferro, oppure una biglia di vetro colorato, e starà a voi capire allora che non sono lì i tesori, ma che queste piccole cose sono le chiavi per penetrare nel mondo delle fate, dove tutto è meraviglioso, dove non esiste l’impossibile. Sono solo piccole cose, ovunque le si può trovare: per conoscerle però è necessario che solo un bimbo ve ne sveli i segreti, e ciò capita assai di rado! Il Maestro ha aperto la porta del santuario, semplicemente. Come un bambino che svelasse i suoi tesori.
La mia iniziazione, per la quale posso ben dirgli come Pirofilo: “Io vi sono debitore di tutto quello che so e di tutto quello che spero ancora di scoprire nei misteri filosofici .…Non mi resta che rendervi molto umilmente grazie che voi mi abbiate voluto trattarmi da Figlio della Scienza, parlandomi sinceramente, e istruendomi in sì grandi misteri, così chiaramente e in modo così intelligibile quanto è permesso fare e quanto mi sarei potuto augurare. Vi dichiaro fermamente che la mia riconoscenza durerà per tutto il resto della mia vita”.
Paolo Lucarelli