Giotto segreto.Prima parte.
Il motivo fondamentale che mosse Enrico Scrovegni a erigere la Cappella, si ritiene consistesse nella volontà di riscattare l'anima del padre Reginaldo dalle pene ultraterrene cui sarebbe stato destinato in quanto notoriamente usuraio, e, nello stesso tempo, allontanare da se stesso il rischio di andare incontro alla medesima sorte essendosi anch'egli macchiato di quel 'vizio'.
Se ne ha conferma nella scena della dedica della Cappella alla Vergine: il gesto aveva appunto il significato di restituire simbolicamente quanto era stato lucrato mediante l'usura, condizione posta dalla Chiesa per rimettere quel peccato. Altre conferme si possono trovare nella presenza notevolissima di usurai nelle scene dell'Inferno, nel Giuda impiccato che fronteggia il Giuda che riceve la borsa dei trenta denari, nella figura allegorica dell'lnvidia.
Tornando alla scena della dedicazione, Enrico veste il viola (colore della penitenza), ma si fa collocare nel settore destinato ai beati, sotto l'immagine protettrice della croce; egli, inoltre, militava in seno all'Ordine dei Cavalieri Gaudenti i cui compiti principali consistevano nella lotta all'usura e nella devozione alla Vergine.
Fin dall'inizio, però, Enrico dovette avere un'altra intenzione, più 'privata' e pertanto meno edificante, ma in compenso più ' utilitaria': adibire il nuovo edificio a capella funeraria, come sembra si possa desumere dalla copertura a botte simulante un cielo stellato, singolarmente vicina ai monumenti sepolcrali paleocristiani di Ravenna. Trattandosi però di una cappella collegata al palazzo padronale, la destinazione può apparire del tutto naturale. Tale comunque divenne, vivente ancora Enrico, e mantenne poi a lungo questo carattere: vi furono seppelliti in seguito non solo la moglie, ma anche due nipoti.Tuttavia la dimensione 'pubblica' era forse preponderante fin dall'origine rispetto a quella 'privata' e finì col prevalere: la loro compresenza caratterizza comunque inconfondibilmente il ciclo giottesco e si riflette sull'estrema complessità dei piani di lettura delle immagini, dislocate tutt'intorno al riguardante. Da http://www.giottoagliscrovegni.it/ita/monum/committenza.htm
Le figure sotto il trono del Cristo si riteneva fossero i quattro evangelisti : Marco il Leone alato, Giovanni l'Aquila, Matteo l' Uomo alato e Luca il Toro alato ( Apocalisse ). Ma Foratti nel 1921 e la Hueck nel 2005 si sono accorti, invece, che la seconda figura da sinistra - rispetto al trono del Cristo- è un centauro, mentre Pisani indica recentemente, nella prima figura di sinistra, un orso che trattiene con le fauci un pesce: il luccio. Le figure di destra , il leone alato e l'aquila dal volto " giovanile "uomo restano tali.
[...] Se l'intenzione del saggio di Pisani ( Le rivelazioni della Cappella degli Scrovegni ) è quella di dimostrare che la rivoluzionaria inventiva artistica di Giotto non procede da testi riferibili a Dante e a Tommaso, come da molti invece fino ad ora erroneamente ritenuto, va anche detto che questo libro si arricchisce, in termini chiari e affascinanti, della ricostruzione di quello che fu il raffinato ed erudito ambiente culturale, ma non solo culturale, di Padova tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento. Ma la rivoluzione estetica e artistica compiuta da Giotto è anche una rivoluzione etica che trova, secondo Giulio Carlo Argan, ispirazione nel movimento francescano. Certamente San Francesco, ma per strutturare al meglio «storicismo, naturalezza, altezza intellettuale», che sono i valori immortale dell’arte di Giotto, c’è bisogno d’altro. E questo altro Giotto lo trova in Agostino, negli scritti di un santo che costituiscono la sostanza di un sapere posseduto a Padova da teologi, filosofi, giuristi e notai, su cui si fonda il vivacissimo preumanesimo veneto.Come procede nella sua ricerca Pisani? Seguendo quasi alla lettera la lezione impartita da Dante nel Convivio, quando vengono indicati i criteri da usare nella lettura e nell’interpretazione delle Sacre Scritture: bisogna saper comprendere il senso letterale, il senso allegorico, il senso anagogico, che sarebbe «il significato spirituale insito nel testo letterale». In breve, al poeta come al pittore interessano i primi due sensi, il letterale e l’allegorico. Procedendo così, Pisani ha saputo vedere e farci vedere non solo la verità letterale del programma giottesco, ma ha saputo svelare, per dirla con Dante, la « veritade ascosa sotto bella menzogna». Intendendo per bella menzogna l’eccelsa qualità artistica di Giotto.In realtà, la pittura di Giotto nella Cappella degli Scrovegni è grandissima pittura in quanto si fa materia, forma, allo scopo di trasmettere «nuovi valori intellettuali e morali», ed è in sant’Agostino che Giotto cerca e trova la giusta, l’unica dottrina capace di tenere assieme la verità e la bella menzogna, che poi è la sua arte, conseguenza inevitabile del suo «pensare storico». Non credo di sbagliare nel dire che il centro delle appassionanti e molteplici rivelazioni suggerite da Pisani si trova nelle pagine dedicate al cosiddetto quarto registro. Lì c’è l’individuazione puntuale della base dottrinale agostiniana, grazie alla quale finalmente si comprendono, per esempio, le sequenze delle immagini relative alle virtù cardinali e teologali. Insomma, né Dante né san Tommaso, bensì le verità di Agostino commentate, discusse, accettate da Giotto e da Enrico Scrovegni, committente dell’immenso capolavoro, ma probabilmente anche tramite illuminato tra il pittore e il teologo, da Pisani individuato in Alberto da Padova, frate agostiniano eremitano, tra i massimi teologi ed intellettuali del proprio tempo. Dunque è Alberto da Padova l’«ignoto» frate che Giotto ritrae nell’atto di sostenere il modello della Cappella offerto da Enrico Scrovegni alla Madonna. Pertanto gli affreschi della Cappella sono l’esposizione della sapienza agostiniana, la sola per Giotto, ma lo stesso si deve dire anche per il «padovano» Petrarca, in quanto è Agostino colui che può dare speranza e forza nell’attraversamento delle «miserie della condizione umana» e in ogni «terribile malattia dello spirito». Citazioni tratte dal De vita solitaria di Petrarca, intellettuale classicamente moderno, e che in Agostino trova sia i turbamenti, le contraddizioni, gli orrori e le paure proprie di chi si sente stretto tra il bisogno di identificarsi in una «patria» e l’accettazione inevitabile delle sofferenze dell’esilio, eterna condizione dell’esistenza umana, sia la possibilità di raggiungere la salvezza. In conclusione, Giuliano Pisani, allo stesso modo di chi, nel restaurare gli affreschi, ci ha ridato la felicità di leggere il vero Giotto, ha compiuto un’opera di restauro assai complessa che dall’iconologia si estende alla storia del primo Trecento padovano, svelando per davvero le tante verità che Giotto, Alberto da Padova ed Enrico Scrovegni avevano nascosto sotto così straordinaria, modernissima «bella menzogna».Franco Miracco, Il Corriere del Veneto del 9.11.2008
Anche altri si sono pronunciati sull'argomento:
Ai piedi di Cristo non ci sono gli Evangelisti ma i simboli del martirio. Lo insegna la Psicologia della Forma, vediamo quello che crediamo, vediamo quello che pensiamo di dover vedere. Insomma vediamo il desiderio. Riprove? Una, davvero stupefacente, in un ciclo a fresco fra i più studiati della pittura, la Cappella degli Scrovegni a Padova. Chi ha «visto» per la prima volta è un professore, Giuliano Pisani, cui si devono già preziosi contribuiti sulla iconografia della Cappella, dipinta entro il 25 marzo 1305 per Enrico Scrovegni. Prendiamo in esame la scena affrescata nella controfacciata. Il tema è il Giudizio Finale. Nella zona alta, gli Angeli che alla fine del tempo ripiegano i cieli come un rotolo di pergamena; ai lati della finestra mediana, i cori angelici e subito sotto il Cristo, seduto su un trono azzurro come di variegate piume; ai suoi lati, gli Apostoli in trono; sotto, alla destra del Cristo, gli eletti e alla sinistra, i dannati; in mezzo, la croce e, in basso, il donatore, Enrico Scrovegni, con il modello della cappella stessa; nel basamento, infine, grandi riquadri dipinti a finto marmo. Giotto ha progettato anche un raggio di luce che, entrando dalla finestra alta verso est, quella chiusa dallo sportello con l'Eterno, attraversa la cappella ed è riflesso da tre specchi metallici tondi, di cui resta traccia nella aureola del Cristo, e che sono simboli della Trinità. Dunque il Giudice, alla fine dei tempi, doveva avere una importanza nodale nel racconto. Nella descrizione tradizionale della iconografia della parete ho lasciato per ultima la identificazione più consueta, quella delle figure subito sotto il trono del Cristo come i quattro evangelisti rappresentati, seguendo l'Apocalisse, come esseri simbolici, Marco come Leone alato, Giovanni come Aquila, Matteo come Uomo alato, Luca come Toro alato. Ma, si è chiesto Pisani, quello che vediamo corrisponde a quello che crediamo di vedere? Certo, Foratti nel 1921 e la Hueck nel 2005 si sono accorti che la seconda figura da sinistra è un centauro il quale davvero, coi simboli evangelici, non c'entra nulla, ma la osservazione della pur vistosa anomalia non ha impedito di mantenere l'ipotesi che lì, sotto il trono, fossero rappresentati proprio i simboli degli evangelisti. Cerchiamo adesso di vederli veramente, questi simboli. E diciamolo subito: sotto il trono di Cristo di evangelisti non ce ne è nessuno, del resto gli evangelisti sono già rappresentati nella navata della cappella. La seconda figura da sinistra è un centauro, essere dalla doppia natura, corpo equino, torace e volto umano, simbolo dunque della doppia natura del Cristo. La prima figura a sinistra è quella più singolare: per Pisani un orso con, nella zampa, un pesce probabilmente un luccio, da lucius, che fa luce secondo la interpretazione medioevale; l'orso sarebbe il Cristo pescatore di anime, segno anche della Chiesa, e il luccio sarebbero invece i prescelti, gli eletti. Passando alla destra del trono, la prima figura è quella del leone alato che è simbolo del Cristo inteso come giustizia, lo suggerisce un trattato alessandrino del II secolo, il Fisiologo, tradotto in latino nel V e molto diffuso nel Medioevo. La seconda figura da destra, quella più vicina al manto del Cristo, è l'aquila con volto di giovane uomo, aquila che può essere interpretata in modi diversi, come Aquila-Cristo che caccia i reprobi, come simbolo della Ascensione, ma anche come Resurrezione della carne, come scrive il Fisiologo, interpretazione confermata dalla immagine giovanile del volto sul corpo alato. Fin qui l'acuta ricerca di Pisani, che credo possa anche essere integrata da alcune riflessioni. Prima di tutto, una relativa alla simbologia dell'orso, la prima figura a sinistra, col pesce in bocca. Secondo Rabano Mauro, l'orso è un simbolo negativo: «ursus immunditia» e segno anche di lussuria. Dunque, la scena potrebbe rappresentare gli uomini, l'orso, che sacrificano il «Cristo-luccio-luce» sulla croce. E una lettura appena distinta potrebbe vedere, nell'ordine, che pure va considerato, da sinistra (ma che è la destra per il Cristo) l'orso come segno del negativo e quindi dell'umanità che martirizza il Cristo-pesce; nella seconda figura, il centauro che rappresenta la natura divina e quella umana del Cristo; proseguendo verso la nostra destra, ecco l'Angelo dal giovane volto e con corpo alato che suggerisce la nostra resurrezione alla fine dei tempi; infine, alla estrema destra, vediamo il segno dell'Aquila che è l'immagine stessa del Cristo Giudice. Se questa lettura è corretta nella parte sinistra abbiamo la memoria del martirio del Cristo e della sua duplice natura, nella destra la salvezza per gli eletti e il senso stesso del Giudizio Finale. Dunque, nel grandioso spazio della controfacciata degli Scrovegni, il Giudizio alla fine dei tempi viene reso esplicito attraverso le sue matrici: il martirio del Cristo, la salvezza che viene dal Cristo uomo e insieme Dio, la resurrezione dei corpi dopo la salvezza fissata dal Giudice per gli eletti. Un'iconografia così singolare deve fare riflettere sugli intellettuali che, accanto a Giotto, suggeriscono nuovi simboli per un grandioso racconto. Proprio questa novità ha tratto in inganno tutti noi fino ad oggi.
Arturo Carlo Ottaviano Quintavalle, Ordinario di Storia dell'Arte Medievale - Università di Parma
(dal Corriere della Sera del 17 aprile 2007)
Non me ne vorranno gli autori degli interessanti articoli di cui sopra se vengo a mettere in risalto alcune incongruenze.
La prima riguarda il centauro. Questo animale fabuloso viene rappresentato in una delle allegorie giottesche della Basilica inferiore di Assisi : l'Allegoria dell'Obbedienza ( si veda l'immagine a piè d'articolo ). "L'Allegoria dell'Obbedienza in cui, su una loggia, appare l'Obbedienza che, alzando l'indice per comadare il silenzio, impone il giogo ad un frate che le sta innanzi in ginocchio. Ai lati stanno la Prudenza e l'Umiltà, mentre un angelo impedisce l'ingresso ad un centauro, simbolo di violenza ( secondo molti perché si fa riferimento ai centauri guardiani dei violenti nell'inferno dantesco ). Sul tetto della loggia c'è San Francesco che porta sulle spalle il giogo, legato ad una corda sorretta in alto dalle mani di Dio " Resta inteso che l'ingresso del centauro resta inequivocabilmente interdetto e non può accostarsi in quanto tale alla virtù cardine dei francescani. Il giogo pesante che lo stesso Francesco ha conosciuto mal si coniuga con il centauro. Perché ? La scuola di Giotto ad Assisi può differire nella sostanza dalla Cappella degli Scrovegni di Padova? Mi sembra del tutto improbabile.
La seconda incongruenza riguarda l'orso ( sul luccio mi riservo di intervenire in un altro momento ). Nel Palazzo della Ragione ( detto anche nave per solcare i cieli ) Giotto dipinge un ciclo astrologico che costituisce un vero trattato di astrologia.
"Nel caso della Costellazione del Cancro, la figura del Centauro nel ciclo padovano trova evidenti riferimenti figurativi nella corrispondente immagine della costellazione sia nel Liber di Michele Scoto dell'inizio del XIII secolo che nel trattato di Zaparo Fendulo " leggo su internet. A ben guardare all'interno del ciclo è possibile ritrovare anche l'Orso o, se si preferisce, l'Orsa il cui sesso viene inopinatamente trascurato.
gdg
( si veda anche l'articolo sulla Cometa di Giotto alla voce " Simboli". )