SAN GALGANO E LA MASSONERIA.
Il giovane cavaliere, Galgano Guidotti ,nato a Chiusdino , nei pressi di Siena, nel 1148 conduceva una vita di piaceri e frivolezze. Un giorno gli apparve l’Arcangelo Michele. Gli eventi che seguirono questo incontro portarono il cavaliere ad abbandonare con un gesto eclatante la propria vita licenziosa. In località Montesiepi , dove fu edificata l’abbazia in suo onore, scese da cavallo e non trovando alcun ramo attorno a lui per realizzare una croce , estrasse la spada e la conficcò nel terreno. L' arma riuscì a penetrare la roccia( 1 ) quasi fino all'elsa.
Questa agiografia profuma di (2) Legenda Aurea ( Legende sanctorum ), legenda che si fa tuttora apprezzare per la limpida ma non ingenua semplicità dello stile, specchio della fede imperturbata con cui Jacopo da Varagine si accosta alle vicende dei santi e ne riferisce al lettore .Essa è stata una immensa fonte d’ispirazione per gli artisti nonché uno straordinario repertorio di immagini .Il giudizio negativo sulla Legenda aurea fu dato dagli umanisti a partire dal sec. 16°e poi dalla critica agiografica, ivi compresi i Bollandisti, ed era connesso con la non verificabilità delle fonti dell'opera, in gran parte orali, secondo i criteri della metodologia filologica e storica moderna . Il Concilio Vaticano II “fece pulizia ” nel canone dei santi e annunciò che molti di essi, da San Giorgio a Santa Filomena, non erano mai esistiti. Nel Messale di Paolo VI (1970) il culto di San Giorgio è stato ridotto da «festa» a una facoltativa «memoria» nella giornata del 23 aprile. Questo provvedimento provocò un diffuso risentimento in ambienti cattolici e venne interpretato come un ingiusto declassamento di San Giorgio. Per la stampa mondiale si trattò di una eliminazione storica. Per quanto mi riguarda questo provvedimento dimostra come la commissione di teste d’uovo che decise a riguardo non tenne in nessuna considerazione la locuzione latina :
Vox populi, vox dei
Ai vecchi e nuovi critici , poi , Umberto Eco compreso, voglio ricordare che :
La lettera uccide mentre lo spirito vivifica
Ma perché la massoneria guarda l’abbazia di Montesiepi con tanta attenzione ?
La spada nella roccia porta inequivocabilmente ad ( 3 ) Artù e alla Tavola Rotonda.
<< E' mia ferma convinzione, ma ne accenna già Fulcanelli, che la tradizione del romanzo bretone o arturiano tragga ispirazione dalla gnosi ermetica, o, se si vuole essere più chiari, dall'Arte Sacra o Regia, l'Alchimia. Si dovrebbe iniziare qui un lungo discorso su una catena che risale nei secoli all'esoterismo della cavalleria mistica, le cui prime tracce iraniche restano nell'immaginario leggendario come origine della cavalleria ismailita, poi da questa trasmessa ai Cavalieri Templari, e da questi ad altri Ordini in Occidente .
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Il contenuto consiste nell'avventura di Lancillotto che deve liberare la regina prigioniera, Ginevra; ecco come avviene descritta altrove da Galvano: " .... è cortese, bella e saggia senza pari. Insegna e istruisce tutti coloro che vivono: Da lei discende tutto il bene del mondo. Esso ne è fonte e origine .... Nessuno si comporta con rettitudine e conquista onore se non avendoli appresi da lei .... "
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Ginevra dunque è Dama Natura, lo Spirito o, meglio, l'Anima Universale, l'Anima del Mondo, qui corporificata nella Fontana degli innamorati della Dottrina e nella nostra Regina imprigionata in una veste orrende e tenebrosa. Deve esserne liberata. E' la materia prima, nera, oscura, vile, disprezzata dal volgo, preziosissima per il Filosofo. Per liberarla occorre Lancelot. Il nome di questo eroe non è di origine celtica o normanna, ma è nome francese, derivato dalla parola ancel di radice latina (ancilla) , Indica un servitore. Ancelot ne è diminutivo. In questa forma senza articolo è talvolta indicato, come nel romanzo di Ogier: "N'est mie de la fable Ancelot ne Tristan" Per cui l'Ancelot' e poi 'Lancelot, è il leale servitore il cui compito è liberare la regina dell'Opera dalle tenebre, dal 'nero', per poi diventarne l'amante. Per quanto riguarda il primo punto vediamo ad esempio il Pernety: " ... il servitore, domestico, è il nome che i Filosofi hanno spesso dato al loro Mercurio. Trevisano lo chiama il nostro servo rosso, il Filalete e molti altri lo chiamano nostro servo fuggitivo a causa della sua volatilità .... "
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E' questa Acqua prigioniera (la Nostra Regina) che grida senza posa: Aiutami e ti aiuterò. Cioè liberami dalla prigione, e una volta che mi avrai fatto uscire, ti renderò padrone della fortezza in cui sono racchiusa. L'Acqua dunque che è racchiusa in questo Corpo è la stessa natura di Acqua che gli diamo da bere (Lancillotto), che è chiamata Mercurio Trismegisto, di cui intende parlare Parmenide quando dice: "Natura si allieta in Natura. Natura supera Natura e Natura contiene natura". Perché quest'acqua imprigionata si allieta col suo compagno che la viene a liberare dai sui ferri, si mescola con lui (l'amplesso, l'adulterio) ed infine convertendo in se stessi la detta prigione, e rigettando ciò che è loro contrario, che è la preparazione, sono trasformati in acqua mercuriale e permanente ... ". Nicolas Valois
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" ... prendi dell'acciaio ben affilato e aprile (alla materia) le viscere e troverai questa seconda materia dei Filosofi .... Ma senza acciaio ben raffinato e lavorato dalla mano di un buon Maestro, non pensare di venirne a capo ..." Dom Belin, Les aventures d'un Philosophe inconnu ....
Da qui il simbolismo della spada magica, usato in tanti racconti, a indicare la via iniziatica prescelta. Pensiamo a Excalibur, la più famosa, dal nome così facilmente interpretabile. >> Paolo Lucarelli , ERMETISMO E TRADIZIONE ARTURIANA
Wolfram von Eschenbach (1170-1220) fu il primo a designare il Graal come una pietra sacra (lapis exillis), nella sua opera, il Parzival.
<< Non è sufficiente essere chiamati per essere degli eletti, ed è per questo motivo che Artù , re del Galles , voleva che alla Tavola Rotonda , intorno alla quale si sedevano i cavalieri , ci fosse sempre un posto vuoto destinato agli eroi , non conosciuti quanto attesi. L’Ordine era “ mistico " come l’Ordine dei Rosa -Croce i cui membri si dichiaravano discepoli di Artù vale a dire dell’Arte , legati fra di loro da solidi legami di vera fratellanza. Jean Lallemant nel XV° secolo, adepto incontestato, e , conseguentemente, possessore della Pietra Filosofale , era cavaliere della Tavola Rotonda . La tavola aveva la forma della ruota , era divisa in 12 settori , bianchi e neri, mostrava nel suo centro una rosa e , secondo il Romanzo di Tristano, ruotava come il mondo>> Eugène Canseliet,La queste alchimique du Graal
gdg
(1) Durante l’ assenza di Galgano, tre uomini invidiosi ( frati ? ) della sua conversione, ruppero la spada. ( Questo episodio mi fa sovvenire un altro complotto che si concluse con la tragica morte del maestro d'opera ….......) L’ira divina si scatenò su di loro: il primo fu travolto da un’improvvisa piena di un fiume e morì annegato, il secondo fu incenerito da un fulmine ed il terzo fu attaccato da un lupo inferocito che gli staccò a morsi gli arti superiori. Sopravvissuto e pentitosi del suo gesto, l’uomo mutilato iniziò a predicare la santità di Galgano con i suoi stessi moncherini appesi al collo. Gli arti sono ora divenuti una reliquia che è possibile osservare all'interno della chiesa di san Galgano.
( 2) “La leggenda di Artù e tutte le storie del ciclo arturico venivano diffuse e fatte conoscere dai trovatori. Questi trovarono mecenatismo soprattutto presso la corte di Aquitania. Guglielmo X d’Aquitania, trovatore egli stesso, sparì nel 1137 durante un pellegrinaggio. Alcuni studi affermano che si trasformò in Guglielmo di Malavalle, un eremita che si istallò in quella zona della Toscana tredici anni più tardi. Guglielmo X era padre di Eleonora d’Aquitania che a sua volta ebbe otto figli, tra i quali Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra. Potrebbe essere stato Guglielmo il portatore della leggenda della spada nella roccia proprio in quel luogo e in quegli anni? Di fatto Guglielmo morì nel 1157, solo pochi anni prima della morte di Galgano ed esistono in Toscana molte sue reliquie. Diventerà anche lui santo, San Guglielmo, famoso, fra le altre cose, per aver sconfitto un drago che infestava le campagne toscane, storia che ricorda un po’ quella di San Giorgio. Guglielmo di Malavalle è anche rappresentato negli affreschi del Lorenzetti dell’eremo di Montesiepi, considerato come l’ispiratore di Galgano.Però ci sono anche altre teorie che dicono l’inverso, ossia che la leggenda nacque in Toscana e che fu posteriormente utilizzata per narrare le gesta arturiche. Di fatto Galgano avrebbe preceduto di circa 20 anni le primissime gesta arturiane (o ciclo del Graal) narrate da Chrétien de Troyes. Infatti, l’episodio della spada entra nella leggenda arturiana nel 1200. Inoltre, uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda si chiamava Galvano. La somiglianza con il nome pare evidente. Non dimentichiamo che il ciclo arturico è legato ai cavalieri templari ed esistono teorie secondo le quali questi avrebbero voluto costituire una loro base in Toscana per ricercare il Santo Graal. Di fatto è documentata la presenza di Templari nel contado di Frosini, a pochi chilometri da Montesiepi. " Nicoletta de Mattheis
(3) La raffigurazione dell’archivolto ( si veda la figura a fondo pagina ) descrive l’assalto ad un castello fortificato entro il quale, separata da una barriera di acque, una donna è prigioniera. Fuori si anima l’attacco delle schiere avversarie: tre cavalieri armati sopraggiungono simmetricamente da ciascuno dei due lati in direzione del castello. ( Lo scopo è liberare la donna prigioniera , tema sempre presente nella cavalleria sacra, dove il drago viene sostituito dal castello ).
Sulla cornice dell’archivolto sono incisi i nomi che individuano i personaggi: in corrispondenza del secondo cavaliere a sinistra vi è il nome di Artù, l’unico a mostrarsi a viso scoperto.
Nel proporre la datazione dell’archivolto, la critica si è divisa tra due ipotesi. La prima situa le sculture di questo ciclo arturiano entro il 1130, cioè prima della redazione scritta di tali leggende nella Historia Regum Britanniae. Proprio l’esistenza di questo testo scritto fornisce, dall’altra parte, uno dei principali argomenti per spostarne la datazione alla seconda metà del XII° secolo. Porta della Peschiera , UNESCO - Cattedrale di Modena