Massoneria,relativismo e ricerca della verità.
Nel V secolo a.C. ( 1 ) Protagora aprì una crisi di considerevoli proporzioni nella filosofia del tempo. Egli sosteneva che : "L'uomo è misura di tutte le cose: di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono" .
Nasce il relativismo gnoseologico ( 2 ) , che considera la conoscenza incapace di comprendere la realtà nella sua assolutezza oggettiva e nega perciò la possibilità di verità assolute.
«Attraverso la critica della nozione di verità si perviene ad una forma più radicale di relativismo. Non solo non esiste una verità assolutamente valida, ma l'unico metro di valutazione diviene l'individuo: per ciascuno è vera solamente la propria percezione soggettiva. »
Fabio Cioffi, I filosofi e le idee.
L'attenzione dei filosofi si sposta, pertanto, dalla Φύσις ( Physis ) , che indica originariamente la forza della natura e la divinità ordinatrice del Kosmos, all'uomo misura di tutte le cose .
Tra l'età di Omero (XIII-IX secolo a.C.) e l'età di Socrate (seconda metà del V secolo a.C.) all'interno della cultura greca si sviluppa un originale movimento di pensiero, che pone come oggetto di studio e di indagine la natura, in greco appunto physis. Aristotele chiama questi pensatori "fisici" o "fisiologi", cioè studiosi della natura o "naturalisti". Con essi si è soliti dare inizio alla filosofia vera e propria.
Il termine italiano “natura” designa l'insieme delle cose e degli esseri esistenti nell'universo, e deriva dalla radice latina gna (in greco gen), che significa "generazione", da cui il verbo latino nasci, "nascere". Analogamente, la parola greca physis appartiene alla radice phyo (φύω), "genero", "cresco": il termine physis indica dunque la totalità delle cose che esistono .
“Il relativismo viene talvolta considerato attraente in quanto viene confuso con l'antidogmatismo, cioè con l'atteggiamento di chi non erige le proprie convinzioni a dogmi inattaccabili dalla critica ed è pronto a rivederle alla luce delle convinzioni altrui, mostrandosi così disponibile al dialogo e attento alle ragioni degli altri.
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Un'altra attrattiva del relativismo viene talvolta individuata nella tolleranza, poiché ad alcuni sembra che il relativismo, in qualcuna delle sue forme, implichi la tolleranza. A questo riguardo abbiamo già visto che il relativismo etico normativo, in una sua versione, prescrive effettivamente una certa forma di tolleranza, in quanto prescrive ad ogni cultura di non interferire negli affari delle altre culture. Certamente, però, il relativismo normativo non prescrive, in nessuna delle sue forme, la tolleranza alla quale siamo soliti attribuire valore, cioè la non interferenza del potere in determinati ambiti dell'azione umana, come quelli della manifestazione del pensiero o della religione: esso conferisce infatti validità alle regole di ogni possibile cultura, a prescindere dalla questione se queste garantiscano o non garantiscano la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà religiosa o qualunque altra libertà.
Un'idea piuttosto diffusa è che il valore della tolleranza presupponga il relativismo metaetico o lo scetticismo metaetico, perché solo dalla convinzione che in etica vi siano molte verità o nessuna verità può seguire l'idea che non vi è alcuna ragione per imporre agli altri le nostre credenze morali o determinati comportamenti che ci appaiono giusti.
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Alcuni sembrano infine ritenere che dal relativismo segua il pacifismo e dal suo opposto la legittimazione della guerra, almeno in alcune circostanze. In particolare vengono addossate responsabilità belliche alle dottrine morali universaliste che fanno proprio il valore della democrazia o l'idea dei diritti umani."
Enrico Diciotti
Professore di Teoria generale del diritto, Università di Siena.
In ogni epoca il dibattito sul relativismo ha acceso, e accende tutt'oggi, gli animi. Non è mia intenzione trattare un siffatto argomento. Mi interessano, invece, i riflessi che il relativismo ha potuto avere nella Massoneria e , in particolare, sullo scopo per cui si riuniscono i massoni, ovvero per la cosiddetta ricerca della verità.
Lascio la parola a Paolo Lucarelli :
"Una delle critiche che vengono rivolte alla Massoneria, perlopiù da fonti confessionali, è quella di non possedere una dottrina, ma soltanto un metodo di lavoro che per i suoi assunti la colloca nel vago e insoddisfacente dominio del relativismo . Ricordo che secondo questa visione la verità, la sapienza assoluta, la gnosi, non è raggiungibile per definizione, anzi forse nemmeno concepibile, tutte le conoscenze e le opinioni umane sono approssimazioni imperfette, determinate da uno specifico periodo storico o da una certa cultura, modificabili e superabili al variare del tempo o dello spazio, quindi tutte solo moderatamente legittime, accettabili con estrema prudenza e destinate nel tempo a svanire o a mutare.
Questo atteggiamento deriverebbe, secondo alcuni, dal fatto che il pensiero massonico, che in questo senso sarebbe sostanzialmente vanificato in quanto anch’esso relativo, non è in grado di poggiare le sue eventuali affermazioni, siano esse etiche, scientifiche o metafisiche, su un apparato di riferimento assoluto e incontrovertibile.
In un certo senso questa critica potrebbe persino piacere a certi massoni poco avvertiti, che non sono sempre consapevoli del fatto che dichiarazioni, all'apparenza innocue e persino attraenti, che affermano che in Massoneria non esistono dogmi, che ogni opinione è lecita e rispettabile, che la libera ragione umana è l'unico sistema di misura accettabile, possono condurre a una forma di rozzo empirismo o positivismo scettico, che in ultima analisi non può che ridursi al silenzio, rinunciando, in perfetta coerenza, a qualunque opinione.
Questa critica si fonda su un'interpretazione del fenomeno massonico basata su due analisi entrambe erronee, ma curiosamente accettate in larga misura sia da massoni che da chi non ha mai frequentato i Templi.
La prima considera come la più alta espressione della dottrina libero muratoria il pensiero espresso da alcuni intellettuali che furono anche massoni e che talvolta la stessa Massoneria ha voluto annoverare tra i suoi adepti più importanti. Senza citare nomi, ad evitare una sciocca fonte di polemiche sterili, comunque non utili per l'esame che vogliamo approfondire, notiamo che dovrebbe invece sembrare ovvio, almeno per i fratelli, che la dottrina massonica, se esiste, non può che trovarsi nella sua tradizione esoterica, così come si è espressa in cerimonie, rituali e simboli, e che soltanto lì, nel luogo e nel modo tradizionale, unico legittimo, di conservazione di trasmissione la si può e deve cercare. Non certamente negli scritti profani di singoli uomini, per quanto interessanti o acuti.
Il secondo errore nasce, e si perpetua, nel voler giudicare la Libera Muratoria esaminando gli insegnamenti che appartengono al primo dei suoi gradi, quello di Apprendista. Anche in questo caso la confusione è sorprendente. In un sistema graduale dovrebbe sembrare chiaro a chiunque che all'inizio della scala iniziatica non potranno che appartenere le conoscenze meno importanti e più insignificanti. Non a caso in quasi tutte le Obbedienze l'Apprendista non possiede nemmeno la totale qualificazione massonica, per indicare che è un punto di confine con un occhio ancora rivolto al mondo profano, un ulteriore esame prima di decidere se il candidato è adatto per proseguire il cammino iniziatico. Era così anche in altre illustri tradizioni cui amiamo ricollegarci, come, per fare un esempio ben noto, quella pitagorica, dove ritroviamo il silenzio imposto per anni al neofita. Praticare quasi esclusivamente questo grado, continuare a rimuginare pensieri vani sui suoi contenuti e presentarli come l'essenza stessa della Massoneria, è quantomeno stravagante."
Riflessioni sulla dottrina del Rito Scozzese Antico Accettato
gdg
1."Protàgora (gr. Πρωταγόρας, lat. Protagŏras) di Abdera. - Filosofo greco (n. Abdera tra il 484 e il 481 a. C. - m. fine sec. 5º), il maggiore rappresentante dell'antica sofistica greca. Originario di Abdera, fiorì ad Atene all'incirca nella metà del V secolo. Delle opere di P. non restano che pochi frammenti. Dal punto di vista conoscitivo fu un relativista: poiché l'uomo «è misura di tutte le cose», non esistono verità assolute, ma soltanto opinioni che variano a seconda degli individui. Dal punto di vista politico, tuttavia, riteneva che fosse possibile stabilire, attraverso la discussione pubblica, cosa sia più utile per la pòlis. Per il suo agnosticismo religioso fu bandito da Atene. Enciclopedia Treccani 2. Gnoṡeologìa s. f. [dal lat. mod. gnoseologia, termine coniato dal filosofo ted. A. G. Baumgarten (1714-1762) con il gr.γνῶσις -εως «conoscenza» e -λογία «-logia»]. – Termine usato (in una partizione ormai desueta della filosofia in metafisica, etica e gnoseologia) per indicare la dottrina o teoria della conoscenza umana, con riferimento soprattutto alla ricerca dei suoi fondamenti, alle sue strutture e modalità, nonché alla sua validità e verità. Anche la dottrina, la teoria del conoscere enunciata da un determinato filosofo, da una determinata corrente di pensiero: g. aristotelico-tomista, g. empiristica, g. kantiana, ecc
Vocabolario Treccani