Lettere Musulmane. Ottava Lettera. Nota N.15
Caro Maestro,
un quesito si impone, continuo, a chi è sulla Via, che si ripete ad ogni grado in forme rinnovate eppure costanti. Si può tradurre molto semplicemente. Consiste nella necessità, e nell'impossibilità, di conciliare l'esistenza banale, terrena, quotidiana, con la sacralità dell'Opera e con le sue manifestazioni spirituali.
[...]
La sofferenza più grande consiste nella perdita quando si è ricondotti alla discesa nel profano. Ne viene un inevitabile senso di fastidio per tutto ciò che ci vuole immobili nel mondo, una profonda insofferenza. Ma quello che davvero appare insopportabile è il timore di non poter tornare nel luogo da cui siamo stati strappati, di aver perso il Dono per mancanza di consuetudine, peggio, per distrazione.
COMMENTO
Questa ottava lettera non si potrebbe né si dovrebbe commentare. Aggiungo solo alcune righe di analisi del testo con la speranza che non siano inappropriate . Va dato merito a Paolo Lucarelli di aver affrontato un argomento che è stato spesso sottaciuto e che qualche bellospirito potrebbe interpretare come una forma di ascetismo , di esaltazione mistica , di fantasticheria , di alchimia spirituale e, dulcis in fundo, di espressione dell'inconscio junghiano.
* La ricerca non è complicata . Basta fare alcune cose. L'unico problema è che quasi sempre la volontà non è ferma e la fede non è confermata.
COMMENTO
La ricerca non è complicata? Oggi, nell’età del ferro, lo è molto più che nel passato . ** “Che vi sia, ciascun lo dice, Dove sia, nessun lo sa .”…e quei pochissimi che sanno si guardano bene dal divulgarne il tempo e il luogo.
La volontà, che definirei aristotelica, deve conformarsi alla fede e la fede è ispirata dall’intelligenza del cuore.
La sofferenza più grande consiste nella perdita quando si è ricondotti alla discesa nel profano. Ne viene un inevitabile senso di fastidio per tutto ciò che ci vuole immobili nel mondo, una profonda insofferenza. Ma quello che davvero appare insopportabile è il timore di non poter tornare nel luogo da cui siamo stati strappati, di aver perso il Dono per mancanza di consuetudine, peggio, per distrazione.
COMMENTO
A ben ripensarci di questa “insofferenza” ne ebbi cenno in un viaggio che facemmo insieme a Parugia , mentre una certa delusione verso gli pseudo-discepoli che lo circondavano (compreso il sottoscritto ) mi fu testimoniata durante una lunga e amara telefonata. Noi tutti eravamo dura roccia sulla quale il Filosofo ermetico spargeva i semi della conoscenza.
* L'Autore riporta una affermazione di un alchimista cinese.
**Metastasio
gdg