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LETTERA DI SCUSE AL MARCHESE FRANCESCO MARIA SANTINELLI
Eccellentissimo Signor Marchese,
ho avuto la ventura di leggere gli interventi che si sono affastellati recentemente nella Città della Luce. Questi interventi riguardavano la Lux Obnubilata , opera che pur redatta sotto il velo di uno pseudonimo , Le è stata ,dai più, attribuita. Della Grande Opera si è fatto un gran vociare in quella pulsante giornata sul fiume Foglia. Pare che buona parte dei dotti relatori abbiano convenuto di identificare nell’ alchimia un processo di sviluppo dall’ inconscio che può portare alla consapevolezza del Sé. Si potrebbe benedire questo tempo del diavolo , come direbbe il Verga, perché finalmente è stata data a tutti noi la soluzione del grande arcano. A che serve rompersi il capo su testi ingrati se basta porre l’orecchio alle lusinghe del teorico di ogni possibile inconscio ? Il rapporto con Jung appare inevitabile perché il quinto capitolo dell’Ode alchemica è una sorta di ricognizione fenomenica dell’acqua , pare si sia affermato da alcuni convenuti. Parafrasando il Boccaccio , in riso rivolsi il mio cruccio a causa dei suddetti motti su così fatta materia .
Come a Lei noto il capitolo quinto della Lux Obnubilata così recita:
Se ben da me s’intende,
Ch’altro non è vostro Mercurio ignoto,
Che un vivo Spirto universale innato,
Che dal Sole discende
In aereo Vapor, sempre agitato,
Ad empier de la Terra il centro voto :
Che di qui poi se n’esce
Tra solfi impuri, e cresce
Di volatile in fisso, e presa forma
D’humido radical se stesso informa.
Nella Lux Obnubilata ad ogni capitolo dell’Ode alchemica segue un commento sapiente così definito da Eugène Canseliet , unico discepolo di Fulcanelli .
Sei pagine sono state dedicate a sostegno di questo importante capitolo probabilmente redatte da Lei stesso, signor Marchese ; pagine del tutto ignorate dai partecipanti alla fiera settembrina.
Nello splendido quadro “ La Primavera " del Botticelli il commento del suddetto capitolo trova la sua apoteosi poiché “ il vento dei Cieli porta nel suo ventre la fecondità del Sole ”.
<< Il grosso volume di Carl -Gustav Jung , Psicologia e Alchimia, non ci sembra ne più ne meno nocivo . Tuttavia riunisce, all’interno di una interpretazione molto personale e fragilissima , un gran numero di estratti di opere , di note bibliografiche e , in particolare, di figure simboliche, disgraziatamente riprodotte in modo molto mediocre e perciò poco adatte ad un esame preciso e quindi non profittevoli per gli sforzi richiesti dallo studio.
Al di là di questo magro bottino , che cosa potrebbe attendersi lo studioso di alchimia e , a fortiori, l’operatore interessato alla sola verifica in laboratorio ? Cosa potrebbero attendersi entrambi , da uno scrittore speculativo che ha compreso così poco la Scienza da pretendere di sottometterla alle sue acrobazie psicologiche e che intende ricondurla semplicemente alle insignificanti dimensioni dei suoi banali procedimenti e delle sue deduzioni fallaci ?Di questi e di quelli , ahimè, eco il prolisso esempio , scelto a caso fra molti altri che non sono affatto migliori : “ La profonda oscurità che ricopre il procedimento alchemico , proviene dal fatto che l’alchimista , se da una parte si interessa alla parte chimica della sua opera , dall’altra la utilizza per immaginare una nomenclatura per le trasformazioni psichiche che lo affascinano più propriamente. Ogni alchimista originale , per così dire, si costruisce un sistema di idee più o meno individuali , composto dalle parole dei filosofi e da una combinazione di analogie dei concetti fondamentali dell’alchimia , analogie che spesso sono prese un po’ dappertutto”
Non cercheremo la soluzione di un tale imbroglio , tuttavia bisogna ammettere quantomeno che è richiesta una buona dose di sagacia per venirne a capo.
Jung deve essere stato davvero spinto , anche lui, dalle proprie convinzioni e dalla presunzione , entrambe cieche e irriducibili, per non aver saputo individuare rapidamente, sotto l’ingannevole apparenza della diversità, l’identità e l’armonia innegabili delle operazioni fisiche e chimiche alle quali fin dalla notte dei tempi si dedicarono i Filosofi per mezzo del fuoco ! >>
Eugène Canseliet , L’Alchimia spiegata sui suoi testi classici
Voglia accettare le mia scuse, signor Marchese, se della Sua pregevole Ode " spente nell'imo striderono le stelle ".
gdg
LETTERA DI SCUSE AL MARCHESE FRANCESCO MARIA SANTINELLI
Eccellentissimo Signor Marchese,
ho avuto la ventura di leggere gli interventi che si sono affastellati recentemente nella Città della Luce. Questi interventi riguardavano la Lux Obnubilata , opera che pur redatta sotto il velo di uno pseudonimo , Le è stata ,dai più, attribuita. Della Grande Opera si è fatto un gran vociare in quella pulsante giornata sul fiume Foglia. Pare che buona parte dei dotti relatori abbiano convenuto di identificare nell’ alchimia un processo di sviluppo dall’ inconscio che può portare alla consapevolezza del Sé. Si potrebbe benedire questo tempo del diavolo , come direbbe il Verga, perché finalmente è stata data a tutti noi la soluzione del grande arcano. A che serve rompersi il capo su testi ingrati se basta porre l’orecchio alle lusinghe del teorico di ogni possibile inconscio ? Il rapporto con Jung appare inevitabile perché il quinto capitolo dell’Ode alchemica è una sorta di ricognizione fenomenica dell’acqua , pare si sia affermato da alcuni convenuti. Parafrasando il Boccaccio , in riso rivolsi il mio cruccio a causa dei suddetti motti su così fatta materia .
Come a Lei noto il capitolo quinto della Lux Obnubilata così recita:
Se ben da me s’intende,
Ch’altro non è vostro Mercurio ignoto,
Che un vivo Spirto universale innato,
Che dal Sole discende
In aereo Vapor, sempre agitato,
Ad empier de la Terra il centro voto :
Che di qui poi se n’esce
Tra solfi impuri, e cresce
Di volatile in fisso, e presa forma
D’humido radical se stesso informa.
Nella Lux Obnubilata ad ogni capitolo dell’Ode alchemica segue un commento sapiente così definito da Eugène Canseliet , unico discepolo di Fulcanelli .
Sei pagine sono state dedicate a sostegno di questo importante capitolo probabilmente redatte da Lei stesso, signor Marchese ; pagine del tutto ignorate dai partecipanti alla fiera settembrina.
Nello splendido quadro “ La Primavera " del Botticelli il commento del suddetto capitolo trova la sua apoteosi poiché “ il vento dei Cieli porta nel suo ventre la fecondità del Sole ”.
<< Il grosso volume di Carl -Gustav Jung , Psicologia e Alchimia, non ci sembra ne più ne meno nocivo . Tuttavia riunisce, all’interno di una interpretazione molto personale e fragilissima , un gran numero di estratti di opere , di note bibliografiche e , in particolare, di figure simboliche, disgraziatamente riprodotte in modo molto mediocre e perciò poco adatte ad un esame preciso e quindi non profittevoli per gli sforzi richiesti dallo studio.
Al di là di questo magro bottino , che cosa potrebbe attendersi lo studioso di alchimia e , a fortiori, l’operatore interessato alla sola verifica in laboratorio ? Cosa potrebbero attendersi entrambi , da uno scrittore speculativo che ha compreso così poco la Scienza da pretendere di sottometterla alle sue acrobazie psicologiche e che intende ricondurla semplicemente alle insignificanti dimensioni dei suoi banali procedimenti e delle sue deduzioni fallaci ?Di questi e di quelli , ahimè, eco il prolisso esempio , scelto a caso fra molti altri che non sono affatto migliori : “ La profonda oscurità che ricopre il procedimento alchemico , proviene dal fatto che l’alchimista , se da una parte si interessa alla parte chimica della sua opera , dall’altra la utilizza per immaginare una nomenclatura per le trasformazioni psichiche che lo affascinano più propriamente. Ogni alchimista originale , per così dire, si costruisce un sistema di idee più o meno individuali , composto dalle parole dei filosofi e da una combinazione di analogie dei concetti fondamentali dell’alchimia , analogie che spesso sono prese un po’ dappertutto”
Non cercheremo la soluzione di un tale imbroglio , tuttavia bisogna ammettere quantomeno che è richiesta una buona dose di sagacia per venirne a capo.
Jung deve essere stato davvero spinto , anche lui, dalle proprie convinzioni e dalla presunzione , entrambe cieche e irriducibili, per non aver saputo individuare rapidamente, sotto l’ingannevole apparenza della diversità, l’identità e l’armonia innegabili delle operazioni fisiche e chimiche alle quali fin dalla notte dei tempi si dedicarono i Filosofi per mezzo del fuoco ! >>
Eugène Canseliet , L’Alchimia spiegata sui suoi testi classici
Voglia accettare le mia scuse, signor Marchese, se della Sua pregevole Ode " spente nell'imo striderono le stelle ".
gdg